L’ombra nella camera

L’uomo nero non è morto
Ha gli artigli come un corvo
Fa paura la sua voce
Prendi subito la croce
Apri gli occhi, resta sveglio
Non dormire questa notte.

Ho vaghi ricordi della mia infanzia, ma quelli che persistono nel tempo e nelle ore che passano, sono anche quelli che sento non dimenticare mai più! C’era ad esempio un fatto che tuttora rimembro; ma non è un bel ricordo, anzi, era un dettaglio che segnò tutta la mia vita, un dettaglio infantile ma allarmante e tetro.

Ricordo bene quella sera d’estate in cui avevo sette anni quando, nella casa dove ancora vivo solo, mia madre staccandomi dalla televisione, allungò la mano ed io la presi, in silenzio mi accompagnò sulla soglia del mio letto, sfilai le lenzuola per infilarmici sotto, lei dolcemente si chinò e mi baciò la fronte sussurrandomi <<Buonanotte>>, io le sorrisi e mentre si voltò per uscire dalla stanza, spense la luce e richiuse lentamente la porta… io ero rimasto immobile nel letto ancora fresco; le serrande della mia finestra erano abbassate, ma filtravano comunque dei piccoli e lunghi raggi lunari di un pallido celeste dalle strette fessure tra una tapparella e l’altra. I fini barlumi penetrarono, proiettandosi sugli oggetti e sulla parete opposta in piccoli quadratini, nonostante ciò l’ambiente rimaneva scuro senza poter distinguere forme e ombre.

Fuori arieggiava la tipica sera estiva: la foresta accanto all’abitazione ondulava, vagliando l’ebbrezza tiepida e solitaria della deserta campagna.

Rimasi silenzioso accarezzando le lenzuola bianche del letto, quando mi accorsi di essere fissato! A meno di tre metri di distanza dal mio letto c’era un’ombra scura e silenziosa, una sagoma nera e indistinta che però stava attraversando i miei occhi. Un brivido gelido mi fulminò, percorrendomi repentino la schiena… mi iniziarono a sudare le mani, guardai più attentamente i contorni del profilo ignoto, il quale tranquillo continuava a fissarmi immobile, con sguardo alienato, quasi come se fosse interessato al mio corpo… cercai di distinguere i lineamenti dal buio che mi circondava, probabilmente sarà stata la mia immaginazione da bambino, ma per quanto cercassi di capire e convincermi che in realtà fosse solo un oggetto comune della mia stanza, probabilmente la sedia con sopra ammassati i vestiti, non riuscii a convincere la mia anima che fosse un lugubre gioco di luci riflesse… Infatti mi concentrai affondo, terrorizzato all’idea che qualcuno fosse entrato nella mia cameretta e che mi stesse fissando da chissà quanto tempo, per cercare di svelare chi o cosa fosse quella gobba figura, bassa, vecchia, forse femminile… riuscii a mettere a fuoco: distinsi due occhi bianchi lucenti, spalancati e fissi su di me. Sudai. La figura era in piedi, alta più o meno quanto la mia sedia, probabilmente una metrata, con la testa ruotata al massimo verso di me ed il corpo rivolto verso la parte con la mia scrivania. Mi era di spalle ma nonostante ciò mi scrutava ferma e silenziosa con mani giunte sullo stomaco ricurvo su se stesso da una grande gobba del dorso! Pareva respirasse, aveva capelli scuri, quindi appena visibili…

Ormai ero più che sicuro di non essere solo! La luce giallastra del corridoio che filtrava sotto lo spiffero tra la porta ed il pavimento si spense… La paura e l’angoscia del silenzio tra me e quella sagoma di vecchia era incontenibile quando d’un tratto si voltò all’improvviso senza muovere il capo ma ruotandosi solamente con il corpo! Si stava avvicinando a me, sciolse le mani e le distese, lasciandole cadere a peso morto, penzolanti lungo i fianchi… avanzava con andamento cadaverico verso di me senza mai distogliere lo sguardo dalle mie pupille, puzzava sempre più di marcio man mano che progrediva. Non resistetti un altro istante, la sagoma oscura avvolta dalle tenebre era una attempata mai vista prima, intrufolatasi chissà da quanto nella stanza buia che avrebbe voluto trascinarmi nel suo stesso silenzio assassino! Urlai senza esito: <<Mamma!!!>> Fu allora che non distinsi più la visione spiritica nella muta confusione e nell’oscurità della camera…

 Quando mia madre bruscamente spalancò la porta, allarmata mi chiese cosa fosse successo… rimasi muto, traumatizzato, tremante di paura ossessiva. Non c’era assolutamente nulla di “vivo” lì, con la luce accesa tutto si rivelò incomprensibile ed assurdo! Come se niente fosse, la mia stanza era tornata quella di sempre: la scrivania, la mia sedia, tutto era in ordine. Cercai di contenermi, ma iniziai a piangere, mia madre non capendo comunque cosa mi fosse accaduto, sfilò le lenzuola e continuando a farmi domande, mi prese la mano e mi condusse nel bagno dove mi sciacquai il viso con acqua fredda. Non smettevo più di piangere e singhiozzare, allora lei per consolarmi mi fece dormire nel suo lettone. Non né parlai mai, né con mia madre né tantomeno con altri, quella fu la prima notte d’inferno.

 Oggi non ho più questa paura, ma ogni tanto, qualche sera mi capita di sentire qualcuno in piedi affianco al letto, e quando in solitudine mi stringo sotto le lenzuola estive, riaffiora il timore di quell’ombra nella notte, una sagoma confusa nel buio. Sempre quella ovunque mi corichi, sempre la stessa sagoma silenziosa, gobba e vecchia. Allora penso alla campagna che circonda la mia casa, isolata e racchiusa in sé, circondata dalla foresta che le estati fruscia dal vento caldo e mormora, al soffuso chiarore della pallida luna, tra l’erba alta dei campi, le cime dei fusti e dei cipressi lungo il viale d’accesso alla magione. Mi accorgo allora che in torno tutto tace, a parte i prolungati bisbigli della natura, così cerco di non pensare a quella sagoma che ogni notte posa immutata a fissare le mie spoglie, a vegliare sul mio letto, aspettando la mia morte…

~ di darkray su 21 marzo 2010.

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