Dolci di un dolce Natale

Io credo a Babbo Natale, credo al topolino dei denti, credo alla Befana e agli angeli, ma non credo che tu esista. Questo è acido muriatico, adesso tu scomparirai.

E’ la vigilia di Natale. Fuori dalle finestre tutte rosse e luccicanti, la neve scende fiera e picchiante sui marciapiedi, sui tetti, sui camini, e sugl’alberi del quartiere. È da molto, molto tempo che non si vedeva un Natale con la neve, ma finalmente quest’anno sulla caligine città si stende da ormai un paio d’ore un soffice strato di cristalli innevati, freddi e festosi; ma dentro le abitazioni, si respirano calde sensazioni di pace e famigliarità, odori di dolciumi, e cioccolate calde; le tavole gonfie di delizie e bevande sono cosparse di pungenti agrifogli, abbombati da piccole perle di rosso rubino, e poi la limpida allegria, le luci alle vetrine, i grandi violoni brillantemente addobbati a festa, tutto rende vive e cristalline le serate di Natale. Tutta la famiglia al completo ride e mangia in compagnia di parenti cugini, fratelli, sorelle, nuore, nipoti e suoceri in allegria, poi ecco che si avvicina il grande momento: i dolci friabili e zuccherati vengono sfornati, aperti e decorati.  Vengono serviti in tavola. Sulla sedia salgono in piedi i bambini dei familiari, pronti a recitare le loro poesie e filastrocche a ritmo calmo e quieto delle musiche natalizie al pianoforte. Io l’ho già recitata, e come ogni anno sono diventato rosso bordò dall’emozione, però a mamma, papà, nonni e zii è piaciuta molto! Quando poi tutti termineranno le declamazioni dei loro sonetti, finalmente si mangeranno dolci a volontà! Il momento più bello dopo l’aprire i regali sotto l’albero stellato dai mille colori dei festoni rossi, bianchi e dorati. D’un tratto ecco sentire mio zio chiedere: <<Avete tutti scritto la letterina a Babbo Natale vero?>> gl’altri bambini insieme a me, con la bocca cosparsa di zucchero a velo alziamo lievemente la faccia dal piatto sorridendo. Tutti, me compreso annuiamo alla sua domanda, da cui ne susseguì un’altra da parte della nonna, forse dalle verità più nascoste: <<…e vi siete comportati tutti bene?>>, certo diciamo tutti in coro. Ma ormai sento riaccendere in me un’altra questione, che per un attimo oscura la mia felicità: quest’anno non sarà come quello precedente spero. Infatti Babbo Natale, l’anno antecedente a questo, non esaudì il mio desiderio: tra i regali che trovai sotto l’albero la mattina di Natale, non ce ne era neanche uno tra quelli che avevo chiesto…

 La serata finora si era svolta con ordinaria regolarità oltrepassando la soglia delle ventitre e quaranta.

D’un tratto vediamo tutti i nostri papà, esausti come tutti quelli attorno alla tavolata, iniziare a dire: <<Ma non credete che sia ora di mettere a letto i nostri piccoli grandi uomini?>>, naturalmente a catena tutti a ripetere le stesse parole del tipo: <<…Non ve lo hanno mai detto che se Babbo Natale trova in piedi i bambini non porta più i loro regali?>> e frasi simili, del tutto irritanti per noi bambini. Io sapevo perfettamente che non era così, infatti quando ero più piccolo, ricordo d’aver sentito uno strano rumore provenire dall’altra parte della casa, così attratto da illusione e incanto, mi alzai dalle coperte e mi diressi verso il salone: era lui! Babbo Natale stava posando, avvolto da un alone di calore, i regali impacchettati sul pavimento di lustro marmo sotto l’albero scintillante… 

Tutti si alzano da tavola, fuori dalla finestra, come fosse capodanno, qualche fuoco spara ancora brillante nel cielo buio del Natale. Tutti i parenti si abbracciano e si scambiano frasi d’auguri infilandosi sciarpe, giacche e cappelli ancora freddi, poi passano ai nostri saluti; zie, zii, nonni e cugini tutti riuniti attorno ai nostri visi stanchi ma troppo eccitati per dormire e poi via, ciascuno per la sua strada.

Appena sento nell’anticamera la chiusura della porta, lentamente mi dirigo verso i grandi tendaggi della finestra della sala e guardo fuori le macchine dei miei zii allontanarsi una dietro l’altra, infila come telecomandate da altri, diretti verso i larghi viali innevati del paese. Non so se essere felice, o se rimpiangere quei momenti migliori in cui ricevevo i più bei regali che mai avesse potuto desiderare un bambino della mia età. Basta vestiti, pennarelli, libri… basta le cose da mocciosi mammoni, ora basta!

Mamma mi accompagna a letto con quelle tattiche precedentemente descritte. Ma prima avevo deciso di non fare storie, sto progettando una tattica, ho già in testa un piccolo piano strategico per ottenete quel che voglio ottenere… Mi corico sotto le trapunte, mentre mamma mi rimbocca le coperte strascicanti sul pavimento e mi bacia la fronte in segno di Buonanotte. Ora devo solo attendere qualche minuto che Babbo Natale arrivi al mio quartiere, al mio indirizzo, al mio camino, sperando solo che nel frattempo i miei genitori si addormentassero.

 Sono l’una e otto, di lui ancora non se ne ha traccia. Percepisco che gli occhi non mi reggeranno ancora per molto, no, ho paura di non farcela con tutta la cena nello stomaco, il dolce velato silenzio nero della mia stanzetta non rappresenta la miglior atmosfera per restar svegli. L’unica consolazione è poter sentire ora i passi di Babbo Natale attraversare il salone fino ad arrivare ai piedi dell’albero.

Improvvisamente sento qualcosa: mi alzo stordito dal cuscino, le palpebre bruciano sugl’occhi come cosparsi di peperoncino; sbircio dalla porta di camera mia: niente, più nessun rumore, luci o quant’altro, resta semplicemente quel silenzio secolare che ha durato più di un ora. Già che ci sono sbircio anche verso la camera dei miei genitori per vedere cosa stiano facendo: niente, anche loro, stanno dormendo entrambi… beati… ma devo resistere penso tra me e me, dai, almeno un’altra mezzora! Babbo Natale prima o poi deve pur venire, anche se con ritardo, ma deve venire!… Non feci neanche in tempo a sfiorare la superficie delle morbidi coperte, che d’un tratto ecco sentirsi un rumore pesante ma allo stesso tempo soffocato: doveva essere lui. Con gli occhi pesanti ma incapaci di chiudersi per addormentarsi proprio ora, rimango bloccato, fermo i quella posizione per qualche secondo, quanto basta per capire chi potesse essere, se il gatto al piano di sopra, un bidone della spazzatura sotto casa, o qualcuno (o qualcosa) che si potesse, in qualche maniera, essersi diretto verso il grande salone di casa… tutto ora tace e persino fuori dalle finestre nessuno osa sgretolare quel silenzio. Ora tutto sembra essersi fermato, in attesa che si oda una risposta a quel suono ovattato nel pieno della notte. Il primo a rompere quell’immobilità fisica e sonora della casa è papà, che, senza contegno, nella stanza accanto alla mia, esala un pesante sospiro, carico di sonno e stanchezza; decido che è arrivato il momento giusto: dolorosamente raddrizzo la schiena e mi dirigo verso la porta lasciata accostata. Non ci penso due volte, la apro e a passi felpati adocchio qualche anima nel salotto… una persona c’è!

Mi avvicino, solco la soglia della sala ma… mi ritiro… con prudenza volevo azionare il piano che avevo pensato ore prima e che ebbi avuto la possibilità di perfezionare durante la veglia nel mio letto ma dovevo fare presto… Lentamente volto de spalle a quella figura maschile, dalla barba lunga e bianca, chinato in avanti, quasi inginocchiato di fronte all’albero natalizio, e giro per la cucina: apro l’armadio dei dolciumi, è qui dove poco prima di andare via la zia lascia sempre qualche biscotto alla pasta di mandorle o dei frollini conditi con uva passa, quest’ultimi da me odiati più del detersivo; cerco e frugo con la punta delle dita infondo all’incasso della credenza, dopo qualche tentativo, nel buio della stanza e della mia mente, tocco una materia morbidoccia, credo che siano i frollini: a stento riesco ad acchiapparne quattro molto grandi incartati uno per uno nella carta stagnola, ma non era finita, dovevo trovare l’ingrediente principale… Scavo intensamente in ogni angolo della cucina, cosciente comunque di non trovarlo, era solo una perlustrazione di sicurezza; so dove trovarlo: lo sgabuzzino infondo al corridoio accanto al bagno grande, lì.

 Ripasso una seconda volta per la porta della hall per rendermi un’dea dei tempi che ho a disposizione; egli sta ancora chinato verso il basso, arando qualcosa con le mani dentro uno dei quattro enorme sacco che con sé aveva portato.

Bene mormoro nella mia mente dopo averlo visto, parola che mi si ripercuoteva come un fastidioso eco che non riusciva a trovare via d’uscita nella mia testa…

 Arrivo poi finalmente allo sgabuzzino e apro la porta facendo particolare attenzione a non farla cigolare, poi entro e accendo la lampadina posta sul soffitto di quei due metri quadri di subbuglio e tento di trovare quella scatola bianca e rossa contenente le bustine di veleno per topi, bianco, come fosse zucchero a velo.

La mamma la tiene probabilmente in un posto inaccessibile, infatti dice che sia talmente velenoso che potrebbe uccidere una mandria di tori inferociti! Questo almeno è ciò che afferma, ed io mi voglio fidare di ciò che dice… predo la scaletta posta accanto alla porta e salgo per vedere gli scaffali più estremi del piccolo armadietto in ferro.

Dopo aver spostato una decina di scatole trovo finalmente quello che sto cercando nel minor tempo possibile; una corsa nel trovare oggetti insoliti in casa! Mi schifo, la superficie della scatola era quasi illeggibile dallo strato di fine polvere grigia, ma è lei. Con un paio di guanti di gomma gialli, come quelli che usa mia mamma per lavare i piatti, estraggo, un po’ tremante, un po’ emozionato una bustina di veleno bianco; sorrido soddisfatto e con un ghigno torno in cucina dopo aver richiuso accuratamente la porta dello stanzino.

 Ora era rimasta solo una cosa da fare: cospargere di “delicato zucchero a velo” i biscotti da offrire a Babbo Natale, in caso non mi avesse portato ciò che per quest’anno avevo esplicitamente richiesto per iscritto!

Preparo il lavandino per l’operazione finale, con una montagna di tovaglioli: tutto questo era per Babbo Natale, non per il resto della famiglia, e sarebbe stato molto pericoloso lasciare anche un solo granello del topicida DIWUM in giro per casa, soprattutto in cucina! Non voglio recare danna e cerco quindi di agire nel massimo ordine possibile, in silenzio e con prudenza: cospargo la polvere granulosa sui dolci; l’odore non era dei migliori, ma non avevo più tempo, tutta l’operazione sarà durata meno di cinque minuti, ma ero già al limite, ora dovevo solo che presentarmi con un appetitoso piattino di biscotti caserecci della zia, morbidi e friabili!…

 Mi faccio coraggio, senza far troppe smorfie di falsa incredulità e contentezza, oltrepasso il confine della porta scorrevole in legno del salotto, sottovoce pronuncio il magico nome: <<Babbo Natale?…>> egli, procinto ad andare, arrampicandosi dal camino spento, ma illuminato dall’albero caldo ed accogliente, si volge con un’espressione stupita verso di me, con la bocca semiaperta, gli occhi scuri e la barba non così bianca come viene illustrata nei libri di favole, esclama sorpreso con voce quieta e amica: <<Come hai fatto a trovarmi, ti ho forse svegliato piccolo Christian?>>, <<No no assolutamente, solo che avevo sete e ho trovato qualcuno qui… ma dai dimmi cosa mi hai portato… ti prego!>>. Non esitando, prese l’ultimo pacco di una enorme pila, posta ai piedi dei festoni dorati sull’albero, e me lo cede delicatamente, con aria un po’ austera, con quel suo pancione di fronte a me, <<Posso aprirlo?>> chiedo imbarazzato; <<Normalmente si usa scartare i regali intorno al nucleo famigliare, agl’occhi dei propri cari, ma questa notte è magica, e per una volta voglio che sia magica anche per te Christian! È Natale…>>, incredulo ma un po’ scettico, mi ritrovo quasi commosso, ma la voglia di sapere se un anno di buone azioni, un desiderio, stampato dal cuore su una lettera e la magia del Natale fosse servito a qualcosa veramente, era troppo pulsante in me…

 Afferro il pacco regalo, lo ruoto tra le mani, gli spigoli del parallelepipedo sono morbidamente smorzati dalla carta che avvolge l’intero pacco, legata alle estremità incidenti, una stella di nastro dorato; non aspetto, mi siedo sul divano, poggio il piattino dei veleni sullo sgabello a tre piedi del pianoforte e mi siedo sul soffice divano con la strenna in mano, mentre lui posa curvo e stanco su una sedia del lungo tavolo da pranzo, dove quella sera stessa tutti avevamo cenato; apro il pacco, il cuore all’impazzata, i dolci aromatici di quella sostanza tossica erano pronti in caso di dispiaceri, tutto in quei secondi è precario, sbircio mentre scarto e…

È proprio lui, quel che volevo! Ma, allora, penso, doveva essere solo una sfortunata distrazione quella dell’anno precedente! avevo paura che da quell’anno in poi, si sarebbe sempre sbagliato! Che felicità, una lacrima strappata al contegno degl’occhi mi scende giù dalle guance calde, le luci rosse, d’oro e d’argento brillano riflettenti sui vetri delle finestre, sulla ceramica del piatto di dolci, negli occhiali di quel simpatico vecchietto; finalmente ho ricevuto quella super mega grande macchina telecomandata a distanza fino a cinque metri! Un bambino non avrebbe chiesto di meglio in un occasione come quella rappresentata dal Natale!

 Mi alzo doverosamente dal sofà e spontaneamente mi getto per abbracciare appassionatamente il pancione di Babbo Natale. Rimango così unito per un bel po’ di tempo, con la sua mano che batte affettuosamente sulla mia schiena, ed io che lo stringo sempre più forte, come un peluche, anche se prima o poi mi dovrò distaccare… quell’abbraccio rimarrà indimenticabile: pensate: il personaggio più amato a Natale dai bambini di tutto il mondo, l’ho appena conosciuto io!

<<Ora devo andare, tutti gli altri bambini sulla terra mi stanno aspettando, proprio come te! Sono contento che ti sia piaciuto, e sappi che se ogni anno ti comporterai bene, secondo come diceva Gesù, potrai sempre contar su di me e sul mondo intero! Và a dormire piccolo Christian e…>> sollevando dolcemente l’indice della mano destra, portandolo sino alle labbra dice: <<Che questo resti un segreto tra noi due; tra uomo e ometto!…>> io sorrido e lo saluto con la scatola del giocattolo stretta in petto, poi si volta e lancia i suoi quattro sacchi dal camino i quali vengono risucchiati su per la canna fumaria come da un aspirapolvere, dopodichè lui stesso si mette dentro il camino e salutandomi scompare, accanto alla finestra innevata!

 Che felicità, ora, mi ritengo uno stupido ad aver dubitato di Babbo Natale; una persona così affidabile; dopotutto chiunque può commettere errori, solo a pensare che deve ogni anno portare regali in una sola notte ai bambini di tutto il mondo, è da ritenere semplicemente un mito; devo imparare ad aver più fiducia nelle persone come lui…

 Dopo essermi ripreso dai miei pensieri e da un’incontro così ravvicinato, raccolgo la carta ormai strappata del magnifico regalo e mi dirigo verso la mia cameretta, orgoglioso di quell’anno e di essere cresciuto un pochettino per aver imparato, un’altra volta, qualcosa di nuovo. Accanto sento ancora papà russare pesantemente, assorto, forse, nei suoi sogni più belli.

Mi ritengo in qualche modo fortunato penso mentre mi rinfilo nuovamente sotto le calde coperte del mio letto e in pochi minuti mi riaddormento spensierato.

                 –La mattina seguente

La mattina di Natale mi sveglio con il sole già bello alto, e con le parole di mamma a papà: <<Vuoi due biscotti? Li ho trovati sulla tavola, devono essere avanzati dalla cena…>> <<Si amore, io due già li ho mangiati, quelli te l’ho lasciati a te! Stavano vicino al pianoforte…>>

~ di darkray su 20 marzo 2010.

Una Risposta to “Dolci di un dolce Natale”

  1. Io l’ho detto che questo ragazzo e’ geniale..santo cielo, io ADORO questo racconto!Bravo Ale! 😉

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